Schiavi del kitsch?

Il concetto di kitsch è stato introdotto in Italia svariati decenni or sono da Gillo Dorfles, uno dei maggiori intellettuali della nostra penisola. Già dal titolo del suo saggio si avverte chiaramente cosa è il kitsch: “antologia del cattivo gusto”.

Si potrebbe erroneamente pensare che l’essere umano provi una istintiva repulsione verso il non-bello, eppure così non è. Basta guardarsi intorno per assistere al trionfo del kitsch, in barba alla discrezione e alla semplicità.

Le mode degli ultimi anni riguardano ciò che ci circonda a 360°, dalla casa ricca di porcellane Royal Copenhagen fino al nostro modo di vestire, ed in particolare hanno tirato fuori dalla formalina degli armadi tutto l’eccentrismo degli anni ’80, rimescolandolo con elementi dal forte potere iconico e a cui nessuno sa dire di no. E così fenicotteri ovunque, insieme ad unicorni, cactus e gatti che troviamo su zainetti, quaderni, tessili per il letto e utensili da cucina.

Un kitsch del tenero, questo, dove un “ohhh” fa seguito ad ogni gattino stampato sulle scarpe e poco importa di quell’ “antologia del cattivo gusto” già rilevata da Dorfles nell’ambito delle arti figurative. Eccessi di cui ci si rende conto, e che anzi vengono mostrati con fierezza ed orgoglio quali elementi costitutivi di una personalità fuori da schemi.

“Sei diverso”, sembra sussurrare il kitsch all’orecchio della ragazza che si appresta ad indossare leggings leopardati, scarpe con glitter e borsa dagli unicorni fatati. Un richiamo irresistibile per chiunque sia calato nella società di massa, dove “l’arte all’epoca della sua riproducibilità tecnica” ha lasciato al passo all’ uomo che rischia di combattere una guerra dei cloni di starwarsiana memoria.

Il kitsch non è quindi solo un gusto estetico, ma un modo di essere della società che si riflette poi sugli individui. Si pensi alle riviste di gossip sempre più pervasive, ai palinsesti delle maggiori reti televisive, ai film di Natale che sbancano al botteghino, o ancora cerimonie come i matrimoni e le prime comunioni, vere apoteosi di dismisura e pacchianeria.

Siamo schiavi? Sì, nessuno escluso. Chi ne fa uno stile di vita non è più schiavo di chi storce il naso e, senza rendersene conto, si trasforma in spettatore esterno, giudicante e assuefatto allo spettacolo circense.